Dopo cinquantasette giorni ero uscita di casa e non per fare la spesa.
Con un giorno d’anticipo rispetto alla Fase 2 tanto attesa ero andata a fare una passeggiata.
Tramite un gruppo di Facebook ero entrata in contatto con una donna che si era trasferita in paese da qualche mese. Avevamo chattato per qualche tempo durante il periodo iniziale della quarantena, ma poi ci eravamo un perse. Da qualche giorno mi aveva ricontattata chiedendomi di andare a fare una passeggiata insieme.
Ci eravamo incontrate all’inizio della via che dal paese arrivava a una fonte a me molto cara e camminando rigorosamente ognuna sul ciglio opposto della strada avevamo passeggiato per circa un’ora. Mi capitava di rado di percorrere quel cammino insieme a qualcun altro; in genere quello era il percorso che facevo per il mio allenamento di camminata veloce o a volte di piccola corsa e solo di rado era capitato di passeggiare su quella strada con i miei amici.
Era la prima volta che mi approcciavo a qualcuno attraverso una passeggiata, non avevo mai visto C. se non attraverso una fotografia. Era la prima volta che camminavo insieme a qualcuno mantenendo volontariamente oltre due metri di distanza. Era la prima volta che percorrevo quella strada a me così familiare, quei luoghi tanto amati con un estraneo. Era la prima volta che andavo a passeggiare dall’inizio della quarantena.
Erano tante prime volte insieme.
Tutto era particolarmente nuovo in quel tardo pomeriggio di una bellissima serata di maggio e mi aveva fatto piacere fare tutte quelle “cose nuove”, ma mi ero accorta mentre mi muovevo su quel percorso che probabilmente mi piaceva molto di più andarci da sola. Durante il tragitto avevamo chiacchierato praticamente per tutto il tempo e anche se lei si era fermata varie volte per osservare qualcosa o forse per riposare, io procedevo quasi distaccata da quel paesaggio.
Durante le mie camminate veloci su quella strada che amavo riuscivo sempre a scoprire cose nuove, su quella strada erano avvenute molte cose per me importanti e emozionanti. Era lì che avevo avuto praticamente progettato tutto il mio primo laboratorio di art- therapy e sempre lì erano nate molte delle idee interessanti di progetti embrionali che avevo poi sviluppato. Quella via era un luogo al quale associavo la maggior parte delle mie epifanie.
Inoltre, su quella strada avevo avuto occasione di vedere due serpenti accoppiarsi. Mentre camminavo velocemente in una caldissima tarda mattinata di settembre, con temperature praticamente estive, avevo notato in lontananza qualcosa che si muoveva proprio in mezzo alla carreggiata e che non accennava a spostarsi. Mi ero avvicinata rallentando l’andatura e cercando di fare il minor rumore possibile, avevo compreso che si trattava di un serpente e non volevo spaventarlo. Quando ero giunta a una discreta distanza mi ero accorta che non era un unico serpente, ma che era appunto una danza d’amore.
Ero rimasta quasi paralizzata dalla bellezza di quella scena, immobile per un tempo indefinito non osavo fare il minimo rumore per non interromperla. A un tratto avevo sentito un’automobile arrivare alle mie spalle e credevo che avrebbe causato la fine di quel magnifico spettacolo; invece la donna al volante aveva rallentato e spento la macchina quando aveva intuito cosa stesse accadendo. Era poi scesa dall’auto ci eravamo guardate e scambiate un sorriso stupefatto mentre in totale silenzio attendevamo che i due serpenti concludessero quello che stavano facendo.
Al termine della loro danza si erano addentrati entrambi verso il fosso che scendeva dal ciglio sinistro della strada e io e l’automobilista ci eravamo presentate e scambiate qualche impressione rispetto a quello che avevamo avuto l’opportunità di osservare. Si era trattato per entrambe di uno spettacolo inusuale che avremmo potuto arrestare se non fossimo state consapevoli del privilegio che ci era stato concesso.