Essere se stesso, essere se stessi. Cosa può mai significare esserlo? Una domanda alla quale provo a rispondere da anni, che continuamente faccio a me stessa, e che ha forse parzialmente trovato risposta. Per essere ciò che avevo il diritto di essere fin da prima di venire al mondo, per realizzare la mia storia, il mio disegno, il quadro del mio racconto ho dovuto scardinare tante porte. Essere se stesso ha significato, per me, smettere di realizzare le aspettative che avevo introiettato e imparare a scoprire cosa desideravo realmente. Cosa volevo per me, quale era la mia “missione”, cosa può dare senso al mio esistere: al mio essere. Alla mia essenza. Per esprimere questo pensiero ho scelto una poesia di Roberto Roversi.
dice se stesso a se stesso
raccontando di battaglie
mai consumate
di progetti, pericoli, anni a venire
che hanno i capelli neri
canzoni per il vino da smaltire.
Chi cerca il fuoco il futuro
è il camminatore notturno
non si quieta fino all’alba
riconosce le tracce di un uomo
in mezzo ai fari delle auto in corsa.
Pace a chi ha il sonno leggero
ma la bandiera va a lui
che insegue la luce di un giorno
in mezzo alla tempesta che suona