Era tornato il consueto momento degli approvvigionamenti. I miei giri prevedevano due soste.
Nell’azienda agricola avevo aspettato fuori della porta, si entrava uno per volta; quando avevo avuto accesso al negozio la titolare e la cliente che stava uscendo mi avevano guardata. Non avevo capito bene il motivo fin quando non mi avevano espressamente chiesto come mai non portassi la mascherina. Considerato che mi attenevo religiosamente al mantenimento della distanza di sicurezza ero rimasta stupita, le avevo detto che non avevo trovato la mascherina, ma la negoziante mi aveva a suo modo tacciato di irresponsabilità al punto che avevo preso il fazzoletto di cotone che tenevo in borsa e me lo ero posizionata sul volto. Secondo lei al supermercato non mi avrebbero fatto entrare.
Non avevo mentito, la mascherina l’avevo cercata nel periodo in cui non si trovavano più; adesso erano di nuovo disponibili, ma io non lo sapevo solo perché le misure di contenimento e le regole della quarantena io le rispettavo realmente, Non uscivo di casa se non ogni dieci giorni circa e solo per andare a fare la spesa; non avevo letto la nuova ordinanza e mi era sfuggito il fatto che le mascherine fossero nuovamente in vendita. Tuttavia, sulla questione mascherine mi sentivo di dissentire totalmente sugli appunti che mi venivano fatti: ero quasi certa che la maggior parte delle persone usasse un’unica mascherina dall’inizio della quarantena senza mai sterilizzarla o cambiarla. Era una questione solo una formalità che mi aveva fatta sentire inadeguata e irrispettosa; due sensazioni che non gradivo minimamente, considerato che mi comportavo in maniera ineccepibile.
Al supermercato nessuno mi aveva detto niente, avevo comunque continuato a tenere il fazzoletto sul viso.
Di ritorno verso casa avevo deciso di fare una strada leggermente più lunga, ero chiusa in macchina e in giro non c’era anima viva. Le brutte sensazioni che avevo provato si erano dileguate gradualmente e erano sparite quando avevo attraversato un tratto di strada in mezzo alla fitta boscaglia. Le chiome degli alberi si intrecciavano in alto facendo filtrare pochissima luce, intorno alcuni alberi in fiore, l’odore e il calore della primavera si spandevano intorno a me che procedevo lentamente per godermi appieno quella bellezza. Quell’atmosfera era familiare, qualcosa di magico che avevo l’opportunità di godere spesso durante le ore del primo pomeriggio attraversando quelle strade nella bella stagione: nulla era diverso dagli anni precedenti e probabilmente sarebbe stato identico anche l’anno successivo.
In quel momento potevo godere della bellezza di sempre, non c’erano intorno ricordi, sensazioni e problematiche legate all’infausto periodo della quarantena.
Mentre tutto cambiava, molto rimaneva uguale!