Gli scenari apocalittici che mi ero immaginata erano solo nella mia mente!
Per giorni avevo procrastinato il momento di uscire di casa per andare a fare la spesa: rimandavo per la paura di confrontarmi con l’esterno. Da alcune informazioni raccattate on-line mi aspettavo un mondo spettrale e città deserte. Ovviamente, non avevo alcuna esperienza di cosa fosse una guerra e non avevo mai vissuto in luoghi con coprifuoco e l’idea che avevo era solo nella mia immaginazione.
E, finalmente giovedì, dopo una settimana rimisi le scarpe e il naso fuori dalla porta.
Mentre ero al telefono per definire alcuni dettagli del progetto che a breve sarebbe diventato una realtà, mi ero accorta che stavo facendo tardi; l’azienda agricola dove andavo a fare acquisti avrebbe chiuso tra poco. Continuando a parlare al telefono avevo finito di prepararmi, preso la borsa e chiuso la porta a chiave: senza troppi pensieri anche stavolta il “fare” aveva preso il sopravvento. Attraversati i vicoli mi ero ritrovata in piazza. La scena che mi ero trovata davanti mi catapultava in un mondo “normale”; sulle panchine due signore erano sedute a chiacchierare, oltre, due vecchietti in mezzo al piazzale e un paio di macchine in movimento sulla strada e nel parcheggio. Alla macchinetta dell’acqua la coppietta che viveva a pochi metri da casa mia riempiva le bottiglie e dietro la mia macchina ci stava il furgone dell’addetto al controllo dell’erogatore automatico di quell’aggeggio infernale: l’unico con la mascherina!
Avevo concluso la telefonata mentre salivo in auto salutando la mia collega con: <<qua fuori è pieno de gente!>>
La macchina dei carabinieri stazionava dall’altro lato della rotatoria e i gli agenti fermavano le automobili; il pensiero che al ritorno sarei stata costretta a fare quella strada perché dovevo andare anche al supermercato mi infastidiva, ma avevo scelto bene l’orario dei miei giri di approvvigionamento: coincidevano con il pranzo e infatti al ritorno il posto di blocco non c’era più. Anche il mito di dover sostare tempi lunghi in fila davanti all’ingresso del supermercato era crollato, il tempo di orientarmi alle nuove disposizioni: prendere il numero e mettere i guanti ed ero già dentro! Nessuna fila neanche al banco del fresco. L’unico momento “strano” era stato alla cassa. Avevo dovuto attendere la sanificazione del nastro, quindi il tempo che coincideva tra far passare i prodotti alla cassa e l’inserimento della spesa dentro le borse si era dilatato e la signora dopo di me attendeva il suo turno in maniera più impaziente del solito, o forse quella era solo una mia impressione!
Mentre ritornavo a casa erano ormai quasi le 14.00, a quel punto la strada e la piazza erano deserti sul serio, ma non diversamente da come sarebbero stati in tempi diversi dal CoViD19! Sulla strada del ritorno ne avevo approfittato per fermarmi a fare una foto in uno degli scorci che più amavo di quella provinciale: attraversando il ponte avevo colto sull’acqua un riflesso che mi aveva attirato e dopo pochi istanti di titubanza avevo posteggiato la macchina sul ciglio della strada e ero scesa per scattare alcune fotografie!
Nel silenzio totale e senza nessun altro intorno il calore di quella giornata primaverile, il riflesso del sole e il rispecchiarsi del fogliame sull’ acqua mi faceva percepire chiaramente una sorta di riconnessione col mondo della natura.
Sicuramente l’ambiente stava beneficiando della nostra clausura, si stava ripulendo e stava godendo della possibilità di ritornare a una dimensione più salubre che mi appariva con una luce e un’intensità diverse. Ma forse, anche quelle erano solo mie sensazioni.