L’infinito di Leopardi è una di quelle poesie che quotidianamente mi sovviene alla mente; quando ogni mattina al risveglio mi affaccio sul mondo dal mio “oblò”. Avvicinandomi al balconcino della mia camera per controllare il tempo mi trovo di fronte un colle.
Per anni quel colle mi sembrava occludere la vista e l’orizzonte, ma da tempo, ormai, quel colle fa parte del mio paesaggio interiore e mentre lo osservo, ogni giorno con occhi diversi, ripeto:
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
infinità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.