Le canzoni possono essere considerate poesie? Alcune sicuramente si. La musica e le parole de I matti di Francesco De Gregori, sono a mia avviso di una poeticità, delicatezza, immensità e bellezza uniche. Oggi, mentre guidavo mi è capitato di riascoltarla alla radio. Mi riesce difficile esprimere il magma di emozioni che l’incontro con la disabilità mi provoca; tra tutte spesso mi avvolge una sensazione vastità. Una sorta di immersione negli abissi marini.
I matti vanno contenti, tra il campo e la ferrovia.
A caccia di grilli e serpenti, a caccia di grilli e serpenti.
I matti vanno contenti a guinzaglio della pazzia,
A caccia di grilli e serpenti, tra il campo e la ferrovia.
I matti non hanno più niente, intorno a loro più nessuna città,
Anche se strillano chi li sente, anche se strillano che fa.
I matti vanno contenti, sull’orlo della normalità,
Come stelle cadenti, nel mare della Tranquillità.
Trasportando grosse buste di plastica del peso totale del cuore,
Piene di spazzatura e di silenzio, piene di freddo e rumore.
I matti non hanno il cuore o se ce l’hanno è sprecato,
è una caverna tutta nera.
I matti ancora lì a pensare a un treno mai arrivato
E a una moglie portata via da chissà quale bufera.
I matti senza la patente per camminare,
I matti tutta la vita, dentro la notte, chiusi a chiave.
I matti vanno contenti, fermano il traffico con la mano,
Poi attraversano il mattino, con l’aiuto di un fiasco di vino.
Si fermano lunghe ore, a riposare, le ossa e le ali,
Le ossa e le ali, e dentro alle chiese ci vanno a fumare,
Centinaia di sigarette davanti all’altare.