Ero sempre più affascinata infinitesimamente piccolo.
Il testo che dovevo studiare aveva una dimensione ingombrante, non si riusciva a maneggiare se non con grande sforzo, ma attraverso quel gigantesco tomo e le lezioni online che erano state attivate grazie a CoViD19 avevo l’opportunità di viaggiare all’interno del sistema nervoso: un viaggio che mi aveva totalmente stregata.
Tra tutti i corsi che stavo seguendo aspettavo le lezioni di quella materia: le aspettavo con ansia e gioia. Il professore era molto bravo a spiegare e per farci comprendere determinati meccanismi complessi utilizzava metafore esplicative e a volte mi ritrovavo a ridere delle sue associazioni. Subito dopo quelle alzate di ingegno si guardava bene dal redarguirci di utilizzare quei termini in sede d’esame; a volte poi, immaginava gli autori dei testi inorriditi di fronte alle semplificazioni che utilizzava per farci apparire tutto più semplice.
Ero grata a CoViD19, non sarei mai riuscita a accedere a quel livello di conoscenza approfondita della materia se non avessi avuto quella possibilità, non solo di seguire le lezioni, ma soprattutto di poterle riascoltare in vista dello studio dell’argomento sul libro. In quel modo, tutto appariva quasi semplice! Dopo pranzo mi sdraiavo al sole sul mio microbalconcino con in sottofondo la lezione e a occhi chiusi mi lasciavo trasportare in un viaggio all’interno del nostro corpo; un viaggio all’interno di un microcosmo complesso, ingegnoso, inimmaginabile e straordinariamente stupefacente.
C’erano milioni di nomi da imparare a memoria, dalle strutture cerebrali fino a quelle delle cellule che nella loro invisibilità risultavano costituite da numerosissime parti che presupponevano la comprensione di specifici funzionamenti e meccanismi. All’interno di quel mondo sconosciuto viaggiano elettricità e composti chimici e bisogna capire come si muovono, a cosa servono e come operano per comprendere, ad esempio, il meraviglioso meccanismo di una semplice sinapsi.
Un mondo ignoto che mi appariva oltremodo intrigante e che mi teneva incollata alla lezione come se si trattasse del thriller più avvincente.
Mi dicevo che imparare i nomi di ogni minima parte non poteva essere diverso da quando da piccoli impariamo come si chiamano le parti del corpo. Estati prima avevo trascorso una serata intera a ripetere braccia, gambe, rotula, gomito, mano, dito e altri nomi di zone del corpo a mia nipote che continuava a richiedermeli per poterli immagazzinare. Non poteva essere più difficile di aver imparato i nomi degli artisti, i loro dipinti e i luoghi dove si trovavano le opere d’arte durante gli anni a La Sapienza.
Non solo me lo ripetevo, ma lo constatavo con uno stupore costante: riuscivo a visualizzare esattamente dove erano situati, come erano fatti e a cosa servivano i milioni di componenti del solo sistema nervoso.
Avevo scoperto che all’interno del cervello umano ci sono circa cento miliardi di neuroni e che nel cielo ci sono circa lo stesso numero di stelle; l’associazione con il celebre aforisma di Kant non poteva non tornarmi alla memoria.
Quella frase mi ritrovavo a ripeterla quasi ogni sera prima di andare a letto, allorché affacciandomi al balcone davo un’occhiata in alto verso il cielo stellato sopra di me (e riscontravo la legge morale dentro di me).