Questa festa mi è sempre piaciuta, credo che indipendentemente dalla posizione politica rappresenti un momento importante della storia del nostro paese. E non so spiegarmi il perché mi piace anche la data in cui cade. 25/4. E, ovviamente mi piace anche il nome che la contraddistingue.
Non ho ancora compreso il motivo che mi fa amare il venticinque, ma ormai so a cosa associo il quattro.
Il numero quattro per me rappresenta la famiglia. L’ho compreso quando qualche anno fa sono stata costretta a rottamare la mia vecchia auto a due posti e ho deciso di prenderne una “grande”: quella che ancora mi permette di spostarmi a mio piacimento, una Smart x4.
Mi ero talmente abituata a muovermi per strada con una piccola macchinetta che potevo parcheggiare ovunque che quando la vecchia auto aveva iniziato a dare cenni di cedimento ero propensa a ricomprarne una identica. Ma una serie di coincidenze avvenute poco prima della rottamazione mi avevano fatto cambiare idea, forse era arrivato il momento di avere più spazio; di poter pensare a portare altre persone in viaggio insieme a me.
Come spesso accade la consegna era slittata all’inverosimile e non avevo potuto intervenire in alcun modo per anticiparla; era agosto inoltrato, una giornata calda e afosa, quando finalmente avevo potuto ritirare il mio nuovo e fiammante mezzo di locomozione dal concessionario.
In vista del ritiro e considerato il periodo avevo deciso di partire per un breve viaggetto. Era capitato casualmente, una parte di quel viaggio lo avrei fatto in compagnia; io e G. eravamo rientrate in contatto e da una banale chiacchierata telefonica era nata l’idea di incontrarci lungo il tragitto che avevo deciso di percorrere per stare insieme qualche giorno e andare nelle Marche a trovare un’amica comune. Si trattava di meno di una settimana e complessivamente neanche mille chilometri totali di spostamento, ma la ricordo ancora come una bellissima esperienza.
Di ritorno dalle Marche avevo lasciato G. in prossimità della sua casa di famiglia e deciso di affrontare il percorso rimanente fino a casa di quell’ultima giornata di viaggio, circa centocinquanta chilometri, senza navigatore, facendomi trasportare dalle indicazioni stradali. Durante il tragitto mi ero fermata fin dopo pranzo in una delle piccole e meravigliose cittadine umbre e avevo poi proseguito seguendo il cartello che indicava la strada verso il lago di Piediluco, dove ero stata anni prima in gita con alcuni amici.
Arrivata nei pressi dello specchio d’acqua avevo cercato lo stesso posto dove ci eravamo fermate con M. e gli altri, in una delle occasioni in cui la andavamo a trovare nel periodo in cui viveva a Terni; nel mio ricordo quel posto era associato a uno scivolo altissimo dove ci eravamo fermati a giocare come bambini irrequieti. Dopo aver girato intorno allo specchio d’acqua almeno un paio di volte mi ero resa conto che avevo sovrapposto due ricordi e che l’esperienza delle scivolate e delle risate associate al nostro divertimento erano legate a un’altra occasione e a un altro luogo.
Alfine, mi ero decisa a parcheggiare in vista di un posticino ombreggiato e mi ero stesa al sole.
Non so quanto tempo ero rimasta al lago, ma sulla via del ritorno mi sembra ancora di godere del vivido ricordo del tramonto oltre il Terminillo. In quella giornata non avevo affrontato un grande o lungo viaggio, ma mi sentivo soddisfatta come se avessi effettuato una grande impresa. E guidando tranquilla procedevo placidamente il quella pacata serata di fine agosto verso la mia “isola felice”: casa.
Guidare da sola è un piacere per me e sulle vie provinciali e secondarie che avevo percorso durante tutto quel giorno avevo avuto la possibilità di poter agire liberamente, nessuno mi aveva ostacolato; ero stata consapevole di tutte le azioni che avevo compiuto e voluto compiere nel corso dell’intera giornata. Inoltre, in nessun momento mi ero sentita costretta a tenere un’andatura diversa da quella che maggiormente gradivo: mi sentivo libera e gioiosa. Mi era quasi sembrato di volare, come una farfalla che felice svolazza da un posto all’altro.
Chissà poi se le farfalle provano emozioni.