Avevano suonato alla porta, il corriere mi aveva rimproverato perché sulla cassetta della posta non c’era il cognome. Poco male, finalmente in ritardo di oltre un mese il mio ordine veniva consegnato.
Raramente facevo acquisti online e per quell’articolo ero stata costretta; l’unico posto dove lo avevo trovato non solo non aveva il colore che volevo, ma costava anche tanto, un prezzo esorbitante rispetto all’uso che ne avrei fatto. Una gonna di tutù, in tulle nero, come quelle che si vedono nei balletti di danza classica.
Avevo iniziato quell’anno, dopo averlo cercato tanto, il mio primo laboratorio teatrale. Poter prendere parte a quel laboratorio era stato fonte di una duplice gioia: mi sperimentavo su un palco e lo facevo con i ragazzi del centro diurno.
Ero approdata al Piccolo principe sull’arcobaleno di Bocchignano anni prima quando, in cerca di un ente dove svolgere il mio tirocinio per completare il corso di counseling e dopo essere sballottata da una parte all’altra, avevo finalmente trovato qualcuno interessato al mio progetto di art-therapy. I sette mesi del tirocinio erano stati fonte di scoperte, insegnamenti e sensazioni intense. Per la prima volta mi confrontavo con la disabilità e ne scoprivo una bellezza fino a quel momento inimmaginata. Allorché il tirocinio si era concluso avevo provato un profondo dispiacere, ma tramite gli operatori del centro avevo avuto la possibilità di rimanere in contatto con tutti loro.
Così quando mi era stata data la possibilità di far parte della loro compagnia teatrale la mia gioia era stata immensa.
Proprio poco prima che fosse dichiarata la quarantena per tutto il paese, il regista durante le prove della mia parte mi aveva chiesto di pensare a un abito che avevo indossato in un’occasione speciale e che avrei potuto usare per la mia scena. Avevo passato al vaglio tutti i vestiti dei momenti felici, ma ripensando alla richiesta del regista mi era venuta l’idea di proporgli se invece di indossare qualcosa legata a un momento felice del passato potevo scegliere di portare una mise che non avevo mai potuto né avrei avuto occasione di mettere nel corso della mia vita. D. era una persona molto aperta e disponibile e aveva accettato. Avevo scelto il tutù e le scarpette con le punte.
Da piccolissima per poco tempo avevo preso lezioni di danza classica, ne conservavo ricordi vaghissimi e poche foto. Ma gli abiti delle ballerine, i tulle svolazzanti mentre volteggiano in punta di piedi con i nastri incrociati sulle caviglie mi avevano sempre affascinato.
Ovviamente le prove del laboratorio teatrale erano state interrotte con l’inizio dell’isolamento e la data prevista per lo spettacolo sarebbe slittata a chissà quando, ma prima o poi avrei potuto assumere le sembianze di una vera ballerina!