Finalmente avevo compreso quel malessere che da giorni mi affliggeva e mi avvinghiava nelle sue spire, come un serpente che stringendomi il torace mi impediva a volte anche di respirare bene. Mi costringevo a fare, a essere attiva: a seguire le lezioni online dell’Università, a lavorare al sito, a pulire e mettere ordine. Compressa nei miei doveri non mi lasciavo spazio, non lasciavo spazio alla soddisfazione per le piccole e grandi cose che da oltre una settimana realizzavo. Non mi permettevo di essere soddisfatta e contenta perché mi sforzavo di eseguire le varie attività solo per impedirmi di poltrire nel letto.
Il “ciclo” della Gestalt – corrente psicologica – spiega perfettamente come nasce un bisogno e come il circolo si chiuda solo con l’appagamento del bisogno stesso. Ma quando quello che facciamo non nasce da un bisogno interiore il rischio di rimanere incastrati nel “ciclo” diventa reale e può creare non poche difficoltà.
Quella mattina avevo avuto la possibilità di riflettere a alta voce sul mio disagio di quei giorni con C.; mentre le raccontavo come mi sentivo non mi ascoltavo realmente; infatti, solo quando lei mi aveva ripetuto le mie parole concludendo con <<proprio come hai detto tu>> mi ero resa conto di ciò che stava accadendo.
Nel corso dei seminari sulla comunicazione o durante gli incontri individuali ripeto continuamente ai miei clienti che dobbiamo prestare attenzione a quello che diciamo e che ci dobbiamo ascoltare mentre parliamo perché spesso siamo inconsapevoli della nostra stessa consapevolezza.
Ascoltare, ascoltarsi, mettersi in ascolto sono parole che fanno parte del mio percorso di counselor e del mio percorso di crescita personale, eppure accade che mi dimentichi di farlo. Infatti, dopo la telefonata della mattina la mia giornata era cambiata totalmente.
Si era modificato non solo il mio umore, ma anche il modo di percepire il mio corpo. La spossatezza e l’infiacchimento dei giorni precedenti si erano trasformati gradualmente nel corso delle ore e poco prima di andare a letto mi ero accorta che la sensazione che mi pervadeva era assimilabile a quella stanchezza che si prova dopo aver fatto attività fisica. Proprio come dopo un allenamento, una bella corsetta, o l’esercizio prolungato di qualsiasi genere ci si concede il riposo e si viene quasi invasi da una sorta di contentezza inspiegabile: la felicità di essere stanchi! Quella sensazione è dovuta a livello biochimico al momento del rilascio dei cosiddetti “ormoni della felicità” che ci consentono di provare momenti di vera euforia; si tratta di neurotrasmettitori che aumentano quando facciamo qualcosa che da piacere e soddisfazione.
Eccola, era tornata! La soddisfazione che provavo a fine giornata mi faceva risentire la vitalità in tutta la mia essenza! Vitale e soddisfatta potevo concludere quel giorno durante il quale mi era stato riconosciuto un duro lavoro.
Una delle mie amiche dopo aver visto il sito, finalmente online, mi aveva scritto: <<si vede che è frutto di un duro lavoro>>. Fino a quel momento la percezione del lavoro che avevo svolto per rendere fruibile e nello stesso tempo per trasmettere in quel sito la mia identità, la mia personalità e il mio modo di essere non lo avevo forse considerato sotto la giusta prospettiva. Effettivamente era stato un impegno anche faticoso, ma in quei giorni presa dall’idea che tutto fosse uno sforzo non mi ero resa conto che invece lavoravo seriamente e che forse anche lo sfinimento che avevo provato poteva dipendere da quello.
Il riconoscimento è un momento fondamentale per la nostra crescita e per il nostro benessere, parzialmente legato anche alla soddisfazione; permette al bambino nella fase dello sviluppo di comprendere che può essere un individuo unico e irripetibile indipendentemente dal appagare le aspettative degli altri.
Il riconoscimento di M. era stato importante, ma ancor più importante alla conclusione di quella giornata era che io avessi riconosciuto di non ascoltarmi e mi fossi data nuovamente la possibilità di ritornare a stare in contatto con le mie emozioni e i miei bisogni.