Ero nuovamente operativa; alla fine volente o nolente avevo ricominciato seppur in modo blando a barcamenarmi.
Le operazioni per completare il sito erano quasi concluse e comunque le fasi finali non dipendevano da me. Nel frattempo che anche questo progetto andasse in porto potevo riprendere a studiare, perché visto come procedevano le cose quella sessione avrei potuto sostenere almeno tre esami. Ma dovevo darmi da fare, alcuni di quegli esami erano molto complessi e non si trattava di materie di cui avevo conoscenze pregresse di base.
Alla fine del primo anno del corso di counseling quando avevo dovuto ricominciare a studiare per l’esame finale mi ero accorta di quanto mi fosse mancato lo studio. Non che avessi mai realmente smesso, mi dedicavo a letture di ambito psicologico e di ambiti affini da anni, ma studiare con un obiettivo che avesse a che fare con un percorso ben delineato e strutturato era un’altra cosa. Ampliava le mie conoscenze e le inseriva in un contesto specifico, gli dava uno spessore e un significato maggiormente coerente. In uno dei primi esami sostenuti avevo studiato che esistono dei fattori situazionali che influenzano la motivazione rispetto al raggiungimento dell’obiettivo: i fattori riguardano l’ego o la padronanza. Il motivo che mi stimolava a acquisire conoscenza era intrinseco, cioè determinato dal godimento che valorizza la percezione dell’apprendimento stesso: un apprendimento per padronanza e non dettato dal fare meglio degli altri, tipo di apprendimento di un clima che coinvolge l’ego. Infatti, proprio per quell’esame non avevo preso un bellissimo voto, ma ero ugualmente soddisfatta e avevo ringraziato perfino il professore; quello che mi aveva appagato associato al periodo in cui avevo studiato e non aveva minimamente a che fare col voto.
La sensazione che provavo mentre le nozioni si concatenavano e si collegavano a conoscenze pregresse, il modo in cui mi permettevano di avere una visioni più ampia di tutto quanto, mi riempiva di soddisfazione e felicità. Quelle emozioni e percezioni mi facevano sempre più comprendere ciò che dava senso alla mia esistenza, quello che la connotava: apprendere, conoscere, sapere, studiare era qualcosa che faceva parte di me, che mi permetteva di individuarmi.
Probabilmente soprattutto per quel motivo alla fine dei tre anni del corso di counseling avevo deciso di prendere un’altra laurea: in psicologia. E questo, continuava a dare un senso al mio percorso. Quando una delle mie più care amiche aveva saputo che mi ero iscritta al corso di Scienze e tecniche psicologiche aveva detto: <<la domanda non è come mai ti sei iscritta adesso, ma piuttosto come mai non ti eri ancora iscritta>>, <<Infatti!>> era stata la mia risposta.
La prima volta che mi ero seduta in un’aula universitaria a rifare un esame sentivo una sensazione indefinibile; forse ero anche leggermente agitata per l’esame in sé, ma la cosa che più mi appariva irreale era essere seduta in mezzo a tanti giovani fanciulli e controllata a vista da un professore e dai suoi assistenti tutti molto più piccoli di me! Effettivamente era completamente diverso dalla prima volta che avevo affrontato il mio primo esame a La Sapienza. Ricordavo ancora la stanza, il piano e la disposizione dei tavoli, perfino la pettinatura di quel giorno: un’insolita coda di cavallo esageratamente alta! E, naturalmente, ricordavo il professore; un uomo indimenticabile e significativo per la mia intera carriera universitaria: un uomo che mi era apparso fin da subito dotato di innate capacità di comprensione. Aveva intuito immediatamente la mia agitazione e dopo avermi chiesto se fosse il mio primo esame aveva fatto di tutto per mettermi a mio agio e rendermi il percorso il più semplice possibile. Aveva contribuito alla riuscita del mio esame e alla conseguente soddisfazione.
Durante la mia carriera scolastica tra le due maestre delle elementari, i professori delle medie e i numerosi avvicendamenti di docenti alle superiori avevo potuto contare solo su due persone veramente umane; in quel marasma di gente solo da due di loro mi ero sentita stimolata, apprezzata, aiutata e coadiuvata. Di tanti altri ricordavo solo le umiliazioni, le incomprensioni e la paura. Era stato un miracolo riuscire a sopravvivere alla scuola, ripensandoci.
Fino alla fine dell’intero percorso scolastico e per tanto tempo ancora la mia timidezza e i miei timori erano stati confusi con altro, così come molti dei tratti distintivi del mio carattere, quelli che mi contraddistinguevano maggiormente. Per fortuna, tuttavia, ciò che era accaduto l’avevo affrontato senza scoraggiarmi e mi ritrovavo oggi, malgrado tutto, a ritenermi quasi pienamente soddisfatta di me stessa.