Due giorni a leggere: i romanzi che avevo comprato all’ipermercato il giorno in cui ero andata a prendere i fiori e che ero stata costretta a scegliere senza possibilità di grandi opzioni. Non potevo avvalermi delle mie preferenze, non potevo cercare i miei autori preferiti o comunque conosciuti, e così avevo potuto fare una selezione molto blanda. Li avevo scelti perché mi aveva attirato il titolo, d’altronde fidarsi delle quarte di copertina non si era rivelato mai utile per me.
Avevo trascorso gli ultimi due giorni solo a leggere, l’unica cosa che mi andava di fare, non riuscivo a fare altro.
Mi ricordavo di quando da ragazzina avevo ricevuto come regalo “Pollyanna cresce”, avevo iniziato a leggerlo e non avevo smesso fino a che non era finito. Nel silenzio della casa a notte fonda non mi decidevo a spegnere la luce e dormire, non riuscivo a staccarmi dalla storia. E così l’avevo finito in un solo giorno. Ricordavo da una parte il dispiacere che avevo provato alla fine del libro, ma anche la smania che non mi aveva mollato un attimo e che mi aveva spinto a continuare fino all’ultima pagina.
Era avvenuto così anche per i libri che avevo acquistato, il primo che avevo letto si era rivelato quasi inutile, forse era stato quello il motivo che mi aveva spinto a iniziare di gran carriera il secondo? Non volevo arrendermi all’idea di aver “sprecato” un’intera giornata dietro quelle pagine? Non avevo mai ritenuto il tempo della lettura sprecato, anche quando non riuscivo a fare niente altro leggere era una delle cose che mi rendeva totalmente soddisfatta. Non erano sicuramente le prime giornate dedicate interamente alla lettura di romanzi e non sarebbero state sicuramente le ultime, ma anche dalla narrativa mi piaceva trarre insegnamenti. Una volta dalla parrucchiera una signora mi aveva interrotto per dirmi che anche lei quando leggeva un libro sottolineava ciò che la colpiva maggiormente.
Era mia abitudine sottolineare: racchiudere in parentesi paragrafi, capoversi, parole e frasi che stimolavano la mia attenzione, che mi apparivano poetiche, belle, nutrienti o semplicemente interessanti. Le sottolineature indicavano pensieri con i quali era in accordo o in disaccordo, che mi colpivano e che alla fine del libro rileggevo per annotarne alcune sui miei diari, su taccuini o agende.
Era come se assaggiati una prima volta quei pensieri dovessero essere masticati più volte per forse, diventare parte del mio orizzonte, del mio immaginario.
E mi tornava in mente un’altra Pasqua di qualche anno prima che avevo interamente dedicato alla lettura. In quell’occasione avevo riletto uno dei libri conservati nella mia “piccola libreria dei preferiti”. Un mobiletto adibito da anni a contenere solo i libri dai quali non avrei mai voluto separarmi e che per un certo tempo era diventata il luogo dal quale attingevo perché mi ero intestardita che fosse giunta l’ora di dedicarsi soltanto alla rilettura di opere già lette. Quel periodo era coinciso con la decisione di non comperare più libri; dopo l’ennesimo trasloco e lo smantellamento della mia gigantesca libreria, gran parte dei libri che non ritenevo utili erano stati venduti o regalati, ma la piccola libreria non era stata toccata. Ma ormai da tempo questa non riusciva più a contenere tutti i miei libri preferiti, poiché la decisione di smettere con gli acquisti di romanzi si era interrotta qualche anno dopo!
Decisioni altalenanti, disarmoniche e asimmetriche e cangianti che rispecchiavano i mutamenti della mia vita: idee che si evolvono e si modificano in attesa di poter cambiare ancora e ancora.