Quando durante la video chiamata il collegamento si era interrotto e non sembrava che potessimo riattivarlo, A. e G. mi avevano chiamata al telefono per i saluti di rito. Aveva enormemente apprezzato sentirle dire: <<ti abbiamo vista proprio bene!>>. Era reale, mi sentivo bene, ma mi sorprendeva che potesse essere così evidente; inoltre, come negare che mi aveva fatto molto piacere.
Durante la nostra chiacchierata era riemerso un tema costante di quei giorni: la razionalità. Anche con K. Qualche giorno prima ci eravamo confrontate sul tema. E, inspiegabilmente, l’associazione che mi veniva da fare ogni volta che affrontavo quell’argomento, era una citazione di Jung in una video intervista del 1959; quando l’intervistatore verso la fine dell’intervista gli chiede se crede in Dio lui risponde: <<io non ho bisogno di credere, io so>>. Ogni volta che citavo quella frase avvertivo l’identica sensazione che avevo provato la prima volta che avevo udito quella frase, la pelle d’oca.
Così in quella giornata che non solo durante quella quarantena avevo trascorso in casa mi era tornata voglia di rivedere l’intervista e come spesso nella ripetizione avevo fatto attenzione a un concetto che Jung esprimeva e col quale concordavo totalmente.
Non mi sono mai piaciute le scampagnate dei giorni canonici: Pasquetta, 25 aprile e 1 maggio. Spesso ero rimasta a casa in quelle occasioni, il pensiero di rimanere imbottigliata nel traffico soprattutto al ritorno mi aveva impedito di prendere parte alle allegre brigate che si costituivano per quelle occasioni. Inoltre, per la maggior parte della mia vita avevo vissuto in luoghi dove era possibile scampagnare facilmente all’aria aperta: al mare o in collina.
Per me il Primo maggio aveva significato per lungo tempo il Concertone di San Giovanni; il primo anno che vivevo a Roma era stata la prima volta dal vivo e mi ero divertita moltissimo, anche se il ritorno a casa era stato arduo perché ai tempi solo pochi dei miei amici avevano la macchina. In linea di massima il concerto mi piaceva, ma la vena solitaria e poco amante della confusione che mi connotava mi rendeva sempre meno disposta a affrontare tutte le “difficoltà” per andarci. L’ultima volta che ero stata al concerto del 1 maggio avevo fatto un’eccezione; ero a Taranto con L. e non volevo perdere l’occasione di partecipare almeno una volta nella vita a quel concerto. Durante il pomeriggio avevo sofferto molto e solo a tarda sera ero riuscita a godermelo un pochino, ma sapevo che sarebbe stata l’ultima volta.
Sempre più nelle mie giornate ero in cerca di luoghi e occasioni “piccole”, raccolte, intime. E ciò non era dovuto al trascorrere degli anni, all’essere invecchiata, ma era determinato dal fatto che finalmente sapevo bene cosa volevo e non mi facevo trasportare dagli entusiasmi altrui per partecipare a incontri, manifestazioni o occasioni mondane che non erano di mio totale gradimento. Finalmente, sapevo!