La mattinata era trascorsa con l’occupazione che avevo programmato: restare a casa a studiare per il concorso, anche se con quei chiari di luna non si sapeva bene come sarebbe andata a finire!
Avevo ricevuto ben due telefonate per la conferma degli appuntamenti del giorno dopo che mi avevano infastidito. Che mi chiami per confermare? Casomai se vuoi disdire! L’ennesimo vabbè …
Dopo pranzo avrei dovuto ricominciare a studiare, ma su una delle chat di gruppo dei miei amici avevano iniziato a scrivere notizie su notizie sul tormentone di quei giorni! E così avevo scoperto che il paese si stava autoimponendo una sorta di coprifuoco anche prima della specifica direttiva. Bar, locali, negozi iniziavano a chiudere. Pareva che treni e metropolitane fossero deserte e chi tentava di minimizzare, sulla chat o altri canali, veniva investito di irresponsabilità! Alcuni, pochi, come me si interrogavano sulle conseguenze politiche di misure di polizia così impattanti sulla nostra esistenza, ma non venivamo presi minimamente in considerazione.
Spesso stavo a casa, soprattutto in quel periodo in cui lavorativamente non avevo niente da fare; spesso negli ultimi anni mi era capitato e approfittavo dei periodi a casa per godermi giornate di attività e impegni che amavo svolgere: disegnare, dipingere, scrivere, leggere, studiare, ma l’idea che qualcuno me lo stesse imponendo mi dava un senso di fastidio e di repulsione.
L’agitazione mi avvolgeva e non riuscivo a riprendere le mie attività, avevo scritto una mail a G, che lavorava all’estero e chiamato Ga per sapere come stava. Dopo una lunga chiacchierata mi ero rasserenata e avevo ripreso a studiare.
Ma l’indomani sarei dovuta andare a Roma e l’idea che qualcuno potesse fermarmi e chiedermi per quale motivo mi trovavo in giro mi faceva provare un senso di costrizione e di limitazione che non gradivo minimamente!