Italo svevo diceva: <<le cose che nessuno sa e che non lasciano traccia non esistono>>. Per gli esseri umani comunicare è fondamentale per dare vita stessa alle cose che gli accadono, senza le quali non sentirebbe veramente di vivere.
Gli assiomi della comunicazione elaborati dalla Scuola di Palo Alto, di cui uno dei maggiori esponenti fu Paul Watzlawick, psicologo e filosofo, indicano degli elementi sempre presenti in una comunicazione dai quali non si può prescindere. I primi due affermano:
- I assioma: È impossibile non comunicare.
- II assioma: In ogni comunicazione si ha una metacomunicazione che regolamenta i rapporti tra chi sta comunicando.
Ma cosa significano realmente questi assiomi?
Dal primo assioma si comprende che qualsiasi tipo di interazione tra persone, anche il semplice guardarsi negli occhi, comunica sempre qualche cosa all’altro soggetto. Già al primo sguardo il modo di muoversi, di vestirsi, la mimica facciale, la postura comunicano all’interlocutore anche se questi non ne è consapevole. Quella comunicazione inconscia può far scaturire sentimenti o percezioni che non sempre sono legati alla persona che si ha davanti, ma con aspetti personali di chi osserva. Dunque, non si può prescindere dalla comunicazione perché essa è connessa anche semplicemente alla presenza degli individui nello spazio.
Per comprendere cosa si intenda per metacomunicazione si può provare a ripercorrere l’ultimo episodio comunicativo in cui si è avuta la sensazione che il messaggio non sia stato compreso, oppure durante la quale si sia avvertito un disagio o una difficoltà. Rispondendo a una serie di semplici domande si può riflettere sulla metacomunicazione.
Quale era veramente il messaggio che si voleva trasmettere? Come ci si sentiva in quel momento, per esempio: nervosi, arrabbiati, preoccupati, distratti, affamati o assonnati? O semplicemente giudicati? In che momento della giornata è avvenuta la comunicazione? Non si può prescindere dalle proprie sensazioni e sentimenti interni mentre si comunica agli altri, la comunicazione non verbale tra i soggetti viene recepita inconsapevolmente e falsa l’atto comunicativo.
Quali sono le vere motivazioni che spingono a comunicare? Gli esseri umani sono sociali, non riescono a vivere veramente in solitudine e stare insieme agli altri implica l’emissione di messaggi impliciti o espliciti che possono entrare in contrasto con l’altro, chiunque egli sia. Iniziare a prendere atto che comunicare è un bisogno fondamentale può migliorare la propria comunicazione.
La comunicazione passa attraverso il rilascio di un messaggio implicito e della relazione che c’è tra il mittente e il destinatario; questa relazione non è la relazione reale che esiste nel momento della comunicazione, ma è legata al ruolo che si da al proprio interlocutore nel momento comunicativo. Quel ruolo spesso si riaggancia alle figure di accudimento.
Diventa allora fondamentale riuscire a focalizzare l’attenzione su cosa si voglia veramente comunicare mentre lo si fa; il primo passo per comunicare in maniera efficace è pensare al proprio obiettivo.
Ai messaggi impliciti nella comunicazione si aggiungono le modalità che vengono usate per comunicare e che contraddistinguono gli individui, anche queste possono essere di impedimento alla comunicazione. Infatti, se l’altro ha una modalità differente può banalmente accadere che si dica la stessa cosa senza rendersene conto. A chi non è successo almeno una volta nella vita?
Una comunicazione efficace è molto più facile da ottenere se entrambi gli interlocutori hanno lo stesso obiettivo; se si usano frasi semplici, ma soprattutto quando non esistono relazioni implicite tra gli interlocutori. Fondamentale risulta, nel momento del confronto, che quando uno parla l’altro ascolti attentamente, senza distrazioni, associazioni personali e/o interpretazioni.
Una delle regole d’oro della comunicazione è: stare in silenzio ed ascoltare fino in fondo quello che l’interlocutore sta dicendo. Poiché non è affatto semplice farlo bisogna esercitarsi e autocontrollarsi. Oltre ad ascoltare bisogna provare a osservarsi nella fase di ascolto e cercare di comprendere come ci si sente rispetto a quello che l’altro dice. Ricordando sempre, come afferma la PNL, che: <<chi parla per ultimo ha in mano il pallino della conversazione>>.
Le conoscenze sulla comunicazione dovrebbero essere la base degli insegnamenti che si ricevono a scuola, il periodo nel quale iniziano realmente le relazioni sociali, ma purtroppo questo non accade. Le norme basilari per la comunicazione efficace sono:
- Per comunicare bisogna essere consapevoli di cosa si vuole comunicare (il che presuppone una riflessione su ciò che si espone).
- Per comunicare bisogna saper ascoltare e comprendere se il feedback che si riceve dall’altro conferma ciò che si è detto (la comunicazione non ha un senso unico, è rappresentata dalla circolarità tra emittente e destinatario).
- Per comunicare è necessario, prioritario, ma non doveroso che l’altro sia disponibile all’ascolto.
- Per comunicare bisogna imparare a essere empatici.
Oggi, si parla molto di empatia? Ma in cosa consiste realmente questa sconosciuta? E’ la capacità che consiste nel riuscire a cogliere l’esperienza soggettiva dell’altro, guardando le cose dal suo stesso punto di vista; senza mai perdere la consapevolezza della propria identità ed individualità. E’ un “provare dentro” ciò che l’altro sente in una data circostanza; è la capacità di condividere sentimenti altrui rimanendo sempre sé stessi. Non è semplice riuscire a essere empatici, bisogna svincolarsi totalmente dal giudizio e dalla propria visione del mondo. È qualcosa a cui non si è stati assolutamente educati o abituati, poiché nella società contemporanea l’omologazione e la differenza implicano automaticamente l’emissione di un giudizio. Il diverso fa paura e si ha paura a essere veramente empatici, poiché il rischio che si immagina è quello di perdere la propria identità, di confondersi con l’altro. Inoltre, si confonde l’empatia con la simpatia, con la proiezione di sé stesso sull’altro. Inoltre, può risultare semplice essere empatici per coloro per i quali si prova simpatia; la vera sfida è riuscire a esserlo per chi si trova antipatico.
La comunicazione è un’arte e implica una serie di sfere e di ambiti personali di vario genere. Per esempio, uno degli ambiti riguarda il tono della voce. Michael Hunter, scienziato dell’università di Sheffield, ha analizzato le scansioni cerebrali di 12 uomini intenti ad ascoltare voci maschili e femminili. Dall’osservazione è emerso che, a causa delle differenze che esistono tra donne e uomini nella dimensione e nella forma di corde vocali e laringe, la voce delle donne è più difficile da elaborare di quella maschile e costringe l’attivazione di parti più estese del cervello.
Il concetto di comunicazione è inscindibile dal legame, dalla relazione tra gli interlocutori. L’argomento è vasto e si può affrontare da molti punti di vista. Tra i tanti, per esempio, si può riflettere sul significato, l’etimologia, delle parole: Comunicare, dal latino render comune, dare notizia; Relazione sempre dal latino, participio passato di refĕrre o riferire, composto da re (dietro) e ferrere (portare).
Portarsi dietro, o dentro, qualcosa di cui si vuole dare notizia. Qualcosa di personale, individuale, soggettivo unico e irripetibile. Qualcosa che non tutti hanno la capacità, la voglia e l’interesse di ascoltare, ma non per questo il senso profondo che rappresenta per ciascuno diventa meno significativo.
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