Qualcosa stava accadendo, non riuscivo a comprendere cosa, ma il mio comportamento anomalo ne era un segnale.
Mi ero infastidita a metà pomeriggio per aver sentito una stupidaggine, qualcuno che non aveva la più pallida idea dell’argomento del quale parlava aveva detto che gli psicologi entrano nella mente degli altri, intendendo per mente la parte raziocinante. L’immagine sarebbe risultata divertente se non fosse che la bestialità era macroscopica al punto da non suscitare in me nessuna ilarità.
Per calmarmi avevo deciso di realizzare l’idea avuta giorni prima per #iorestoattivo #iorestocreativo, riciclare vasetti di yogurt come portauovo ricoprendoli con argilla mescolata a colore. La cosa era risultata talmente semplice che avevo terminato velocemente di cospargere il miscuglio sul vetro dei piccoli contenitori e dopo averli messi a asciugare avevo continuato a dilettarmi manipolando l’impasto rimanente in cerca di un oggetto da realizzare.
Avevo sperimentato già che lavorare l’argilla permetteva di accedere a stati d’animo molto profondi; mentre continuavo a “cercare” una forma sentivo il fresco e morbido materiale che prima si appiccicava alle dita e successivamente trovava una compattezza che dava sempre più soddisfazione nella realizzazione delle sagome che risultavano sempre meno frastagliate, ma semplici da plasmare e modellare. Le prime forme che avevo realizzato non mi soddisfacevano e a un tratto con decisione le avevo disintegrate per rifarne un un’unica massa da rimodellare. Mentre pensavo all’oggetto che avrei voluto creare mi ero ricordata che l’unica “opera” degna di nota che avevo realizzato in argilla aveva preso forma, era “nata”, senza che la parte razionale né fosse partecipe. Era così ogni volta che decidevo di disegnare o dipingere, bisognava farsi trasportare, non doveva essere il pensiero a decidere cosa fare, ma le mani libere di muoversi davano vita a forme e idee che trovavano una spiegazione, un nome, un titolo solo dopo essere state ultimate. Quando avevo studiato Michelangelo ero rimasta affascinata dalla sua idea che la figura che cercava fosse racchiusa nel marmo e lui doveva solo “levare” quello che la celava, adesso comprendevo bene cosa volesse intendere.
Dopo un respiro profondo avevo liberato le mie mani e ne era venuta fuori una sorta di medaglione piatto sul quale avevo cominciato a incidere con una piccolissima punta, non sembrava esserci una forma specifica, ma quando avevo “sentito” di aver finito ci avevo visto un piccolo viso in mezzo a un mare di piccole onde. Mentre mi lasciavo trasportare del fare un’immagine era arrivata: il medaglione era l’interno di un uovo e dentro una creatura viveva circondata solo dall’albume. L’uovo a livello simbolico ha un significato fortissimo e mi ricordava soprattutto i dipinti di Piero della Francesca.
Dopo cena percepivo una leggera stanchezza e mi ero accoccolata sul divano a guardare un film; una frase della protagonista mi aveva colpito: è arrivato il tempo della semplicità, non è più il tempo delle spiegazioni e delle parole ridondanti. Come il ritorno a una sorta di origine. Avevo ripensato all’uovo.
Mentre mi preparavo per andare a letto, così come dopo il risveglio per me anche l’atto di coricarsi prevede un suo rituale, mi ero ritrovata a gironzolare per casa senza uno specifico motivo; mi attardavo e mi accorgevo che ero restia a spegnere la luce del soggiorno e avviarmi verso la camera da letto dove tutto era già stato approntato. Non comprendevo cosa mi trattenesse e mi attirasse a girovagare tra bagno, cucina e soggiorno, ma a un tratto era stato chiaro che stava accadendo qualcosa.
Avevo imparato negli ultimi anni che quando queste sensazioni sopraggiungevano non dovevo cercare una spiegazione razionale o rimuginarci sopra con idee o pensieri precostituiti, ma solo attendere l’Insight – concetto Gestaltico (corrente psicologica).
Cosciente di essere in attesa, potevo finalmente mettermi a letto.